giovedì 26 gennaio 2012

I conti non tornano

Vorrei cominciare da una piccola concezione del mondo, come la barzelletta stantia dei conti che non tornano perchè al servo che camminava sulla spiaggia capita tra le mani il messaggio del 3+3=5. I conti non tornano, ciò significa che dovremo occupare il tempo in qualcosa, ma se davvero sono morti ed uno di loro era il Tempo, allora il servitore non saprà più come cavarsi la vita dal petto per l'eternità. Infatti, uno era il Tempo, l'altro lo Spazio. L'uno e l'altro quella sera non sono tornati e questo servo del Tempo e dello Spazio, si è ritrovato di punto in bianco servitore per sempre/servitore di nessuno. La sua dimensione paradossale viene ad essere il punto e il momento nel quale scopre che, come da titolo, i conti non tornano. Starà lì fermo senza dare l'occasione a chi ne parli di farne presente, passato o futuro, ma anche senza dargli ragione di parlare di lui, in quanto la sua disperata immobilità non verrà affatto apprezzata dalla maggioranza. Questo servo è un eroe non democratico, capiterà senz'altro che un poeta gli si avvicini per chiedergli semmai fosse ingrediente di quel remedium poetarum di cui parlano i baffi con Nietzsche. Il servo d'altronde non saprà da dove e da quando gli fossero giunte voci di poeti, il ghigno del mare e il tintinnio della coscienza.
Il suo pensiero è la grande concezione del mondo a cui siamo arrivati, ovvero che la matematica è davvero la linguaccia con la quale dio ha scritto l'universo, però è un calcolo sbagliato. Per ciascuno di noi è fissato negligentemente un giorno in cui i conti non tornano, non veniamo resi alla spiaggia, ma ritornerà pian piano solo l'acqua, avanti ed indietro per gli interstizi delle mere coscienze. Questa coscienza di essere non ha nulla della statua di sale, la sua resistenza anacoretica è insieme un errore eterno e la sua manifestazione senza fine dietro le palpebre del servitore. Ricordiamo, servitore per sempre/servitore di nessuno.

lunedì 18 luglio 2011

Pruriti

«Smetti di grattarti.» chiese Pidoque. Ma Prurin, che si grattava il capo, rispose: «Mi spiace, non posso farne a meno». Pidoque smise di bere il caffè e si alzò dal divano.

«Visto che non vuoi piantarla – disse – vengo io a grattarti.» e si avvicinò a Prurin che si grattava seduto al tavolo. Davanti a lui, in un piatto, stavano due mele tagliate e un uovo fritto.

martedì 28 giugno 2011

Restless dead

I regard the existence of discarnate spirits as scientifically proved and I no longer refer to the skeptic as having any right to speak on the subject. Any man who does not accept the existence of discarnate spirits and the proof of it is either ignorant or a moral coward. I give him short shrift, and do not propose any longer to argue with him on the supposition that he knows anything about the subject.

James Hyslop, Professor of Logic and Ethics at Columbia University


Esiste, sconosciuta ai più, una considerevole mole di indizi scientifici a favore della survival hypotesis. L'aldilà, insomma. Tanto che, studiando la letteratura in merito, la tavola dei valori ne esce sovvertita e tornare a credere nella nostra estinzione finale richiede un potente atto di fede. Un atto di fede in Eschilo, Sofocle, Euripide, nella ghigliottina e nel conte Rochejaquelein, nella carica della Brigata Leggera e nel milite ignoto, nelle ultime scene dei film, in Cristo e nei chiodi, nei trapianti di cuore, nella geopolitica della pace, nella paura che naturalmente ci ispirano la notte e i denti dei coccodrilli, nelle ringhiere delle scale e nei materiali isolanti. Se a questo colossale circo di medium veridici, spettri materializzati, telepati ganzfeld, sincronicità junghiane, voci dei morti emergenti da radio senza valvole, se alla marea montante della ricerca non opponiamo la spiegazione onnipotente dell'inganno, se dentro ogni scacchista magico non troviamo il relativo nano nascosto – e io, onestamente, non credo si possa - allora dobbiamo scendere a patti con le conseguenze di una nuova realtà. E assistere all'ultimo, grande semanticidio scientifico della storia umana: la scomparsa del concetto di tragico. Difficile tracciare, a prima vista, un parallelo fra il materialismo che ha ucciso il principio antropico e la parapsicologia che ucciderà la tragedia: eppure, la scienza descrive l'universo, e l'universo non ha interesse per la coerenza filosofica dei paradigmi. Un universo increato, senza Dio, senza senso, nel quale sopravviviamo alla nostra morte come i pianeti restano in orbita, per decreto dello spazio-tempo. Una consapevolezza del genere fa esplodere le prospettive, diluendo qualsiasi evento in un oceano di estensione al punto che l'unica misura possibile diviene l'infinitamente piccolo, un sistema subatomico in cui elettroni indeterminati esistono aneddoticamente, senza troppa importanza né interesse. Se la morte non è definitiva, la sofferenza è impossibile. Se la morte non è definitiva, intorno al pugnale di Clitennestra danzano spiriti curiosi, e insieme all'Iprite soffia nelle trincee la risata di coscienze disincarnate. Se noi non moriamo, nessuna autenticità può sopravvivere: l'intero esperibile diventa uno scherzo, e i condannati di Goya proiettano, con le mani, ombre di coniglietti sul muro marrone, mentre i soldati sparano forzosamente a salve. Senza morte, non ci resta che restituire il mondo alla nebbia delle possibilità fumose e sostituirlo con il divertito, eterno rumore di fondo del pensiero. Alla fine della storia, non è necessario l'assurdo per rendere conto della felicità di Sisifo: nel nostro universo non si può essere che felici, di quella felicità stordita di chi si sveglia al mattino senza sapere giorno, né ora.

sabato 4 giugno 2011

Steel life

Lo schiavo Pasquale entrò d'un tratto in casa sua e si mise a sedere su una delle due natiche. Intanto che il peso arrivava, scesero i topi divoratori di ferro e tirarono le tende (rumore della della luce spalancata sul vuoto). Ora la lettera poteva essere aperta (la lettera si apre), quindi letta (Pasquale la raccoglie mentre se ne sta andando e la legge).
(Pausa)
-Plinio ci ha mandato Heisemberg!- (l'esclamazione raggiunge lentamente il resto dell'arredamento della stanza)
Gli oggetti si dispongono in modo tale da fare spazio alla nuova arrivata (l'esclamazione). Tra l'attaccapanni e la stufa si apre una piccola nicchia.
-Topi!- (ancora un'esclamazione)
Questa seconda non riesce a farsi strada tra i respiri. Pasquale prega i topi di respirare meno forte cosicchè possa accomodarsi da qualche parte senza morire d'asfissia. I topi gli resistono, mentre l'esclamazione prende ad afflosciarsi pietosamente tra le braccia dello schiavo, che non riesce ad aprire la finestra. Dalla finestra si pensava di ricavare altro spazio, ma tanto rimane chiusa. E i topi respirano forte.
Con la sua esclamazione in collo Pasquale cerca disperatamente altra aria. Non la trova. Pensa a Pasquale, lo schiavo, poi a -Topi!-: (giudizio) Smette di respirare.
(pausa - nuova disposizione dell'aria)
Soffoca.
L'interiezione si riprende, è libera, il diaframma è a posto, si stira.
-Dovete avere il ferro anche nel cuore, per comportarvi in questo modo- ,dice -Topi!-.
I topi, fiduciosi, si mangiano i loro stessi cuori.
A terra: cadaveri di roditori, ruggine e -cri cri-.

venerdì 20 maggio 2011

Buona notte dolce debora regina dei sogni d'oro

tutti credono di sapere tutto quello che si vede, ma non sanno un cazzo e si credono uno sballo, fai il duro e il macho ma non vali un cazzo, vali meno di zero sei come euro zero, fa il figo e il bullo ma non vali un tubo cazzeggi con le tipe ma sei fuori dalla stirpe!!!! Vuoi il rispetto? fratello ma non hai cervello!! yoooooo.

- visto che qualcuno ha creduto che fosse opera mia (devo essere davvero una brutta persona) e visto che anch'io ho un poco di pudore, annoto che questa è un'opera di Andrea Porcu. Andrea Porcu è un personaggio trascendentale di origine ipoforumistica, è Timmy in sedia a rotelle che stringe un gunblade. E' uno stalker di gran classe e in ultimo un assiduo frequentatore di case chiuse.

mercoledì 20 aprile 2011

Altrimenti Ipazia non può postare un'altra cosa perché si vergogna di scrivere solo lei ché la gente la giudica logorroica e invadente.

E tu, se ancora puoi,

proteggimi dai confini spalancati della terra,

dalle cosce bianche delle sconosciute, salvami

dal neutrone di sonno

impastato sul fondo della gola.

Così, quando è notte di luna ennesima,

l'alta marea del pianto ci batte alle orecchie

e scendiamo con la testa sott'acqua, in alta montagna:

proprio allora il verbo ritorna alla matrice logica

come l'alfiere di piombo della Guardia Giovane,

regredito al grumo di polvere, all'avancarica,

allo stampo pressato.

Un'allucinazione tra i tentacoli, infine,

le lancette nel quadrante aritmetico, dalle parti dell'amigdala:

così, accanto, ci camminano nugoli di somme,

numeri piombati

per la massa inesplosa della balena.